Bambina soffia Bolle
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Bolle di filtraggio: cosa sono e come sfruttarle

Cosa troverai in questo articolo. Il fatto che, grazie a Internet, possiamo accedere alle informazioni quando e dove vogliamo non significa che abbiamo pieno controllo dei contenuti con cui interagiamo. Anzi, proprio per come sono costruiti i moderni motori di ricerca e i loro algoritmi, tendiamo a interagire sempre con lo stesso tipo di contenuti e utenti, fidandoci solo di coloro i quali di fatto confermano le nostre convinzioni di base e sembrano in grado di comprendere i nostri bisogni e difficoltà. In questa sorta di cecità cognitiva, che si fonda a sua volta, su un nostro intrinseco bias di conferma, possono inserirsi efficaci strategie di marketing.

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Essere circondati da persone che la pensano come noi e capiscono istantaneamente le nostre paure più recondite, che ci danno solo ragione e che ci mostrano solo ciò che ci piace e interessa: è questo il paradiso? No, si tratta delle bolle di filtraggio, la realtà in cui viviamo nelle nostre vesti digitali: sui social media, sui motori di ricerca, sui forum online. Una realtà spesso vissuta inconsapevolmente, che il marketing può e dovrebbe sfruttare, per quanto tracciando dei doverosi limiti etici. Vediamo di più in questo articolo.

Che cosa sono le bolle di filtraggio?

Per bolla di filtraggio (filter bubble nella formulazione originale in inglese) si intende quel meccanismo tipico dei motori di ricerca – utilizzando qui questa espressione in senso esteso, ossia includendovi anche motori di ricerca verticali come lo sono i social network o i marketplace come Amazon – per cui ogni nostra attività, dalla ricerca alla condivisione all’interazione con altri utenti, viene monitorata in modo tale da fornirci contenuti sempre più calibrati sugli interessi da noi espressi.

A lungo andare, questo meccanismo si esplica nella creazione di una “bolla” – un microcosmo chiuso all’interno del quale continuiamo a interagire sempre con lo stesso tipo di contenuti e utenti, isolandoci da chi la pensa diversamente da noi e da argomenti che si discostano dalle nostre routine di pensiero. È un po’ come vivere in una caverna dove continuiamo a sentire l’eco della nostra voce, con il risultato che ci convinciamo che non esista altra voce rispetto alla nostra.

Come fanno a funzionare così bene?

Vedendo continuamente rinforzate le nostre convinzioni di partenza, poiché abbiamo modo di confrontarci soltanto con chi condivide quelle stesse idee, finiamo per escludere la possibilità di diversi punti di vista e guardare con sospetto a tutto ciò che si distacca anche solo di poco da esse.

 

Come è facile immaginare, questa è una falla della nostra conoscenza che viene particolarmente sfruttata da chi vuole diffondere fake news, poiché si rivela particolarmente efficace laddove si innesta su una scarsa consapevolezza di base dell’argomento trattato, nonché un basso livello di alfabetizzazione digitale o funzionale. Va da sé che più la bolla è compatta al suo interno e più diventa semplice piegarla alle proprie intenzioni.

È chiaro che le bolle di filtraggio non sono solamente qualcosa di negativo; la personalizzazione dei contenuti, in fondo, è ciò che ci permette, ad esempio, di trovare nuova musica che incontra i nostri gusti su Spotify o ci evita la fatica di digitare l’intera stringa di ricerca che abbiamo in mente su Google perché lui è in grado, in certa misura, di farlo al posto nostro sulla base del nostro storico di ricerche. Tuttavia, ci sono certamente dei campi in cui parlare di filter bubble e di come sfruttarle ci pone necessariamente interrogativi etici – politica, medicina, investimenti. La cautela, qui, è d’obbligo.

Le bolle di filtraggio nel marketing: istruzioni per l’uso

Come professionisti del marketing, dobbiamo essere consapevoli delle enormi possibilità dischiuse da una bolla di filtraggio: nel momento in cui riusciamo a penetrarla e influenzare le opinioni di qualcuno al suo interno, è prevedibile che quella influenza si trasmetterà endemicamente all’interno della bolla, coinvolgendo un alto numero di persone facenti parte del target che ci interessa colpire.

Il prerequisito, lato nostro, è quello di costruire un’immagine forte, costituirsi in qualche modo come un’autorità del settore, oppure prendere in prestito autorità da qualcuno di cui le persone nella bolla si fidino (vedi gli/le influencer). Dopodiché è necessario interrogarsi su quali siano i problemi o dubbi tipici del target a cui ci riferiamo e a cui il nostro prodotto o servizio può rispondere e individuare la chiave comunicativa più adeguata a trasmettere questa relazione.

Tecniche e strumenti per sfruttare le bolle di filtraggio nel marketing

A questo punto si tratta di dispiegare le proprie forze in quei luoghi in cui le problematiche e i dubbi a cui desideriamo fornire una soluzione con ciò che vendiamo vengono più comunemente a galla. Il luogo specifico può cambiare a seconda del nostro settore di riferimento, ma ci sono tecniche sempre valide che possiamo applicare: navigare fra hashtag specifici sui social media, ricercare sui forum, leggendo i commenti degli utenti e individuando le domande e difficoltà più comuni, scovare gli/le influencer più seguiti/e.

Ricordiamo che la strategia non termina quando si spegne il PC o lo smartphone: anche i canali offline – una cartellonistica ben posizionata e sapientemente scritta, ad esempio – possono entrare a far parte di questa strategia, soprattutto se si lavora con un pubblico con una precisa geolocalizzazione.

Alcuni tool specificamente sviluppati possono accelerare il processo di ricerca aiutando a individuare con più velocità i centri caldi della discussione. Inoltre, ulteriori strumenti come Answer The Public sono di supporto nell’individuazione delle domande-tipo del pubblico che si interessa a tutto ciò che gravita intorno a una determinata keyword. Impiegare tali strumenti è utile non solo in fase di kick-off, ma anche per gli aggiustamenti successivi, perché permette di anticipare l’andamento del mercato cogliendo tutte le sfumature all’interno di una discussione e precedendo i propri concorrenti nell’attuazione delle strategie e nella scelta dei canali e delle chiavi comunicative di volta in volta più efficaci.

La parola d’ordine è qui, come in tutti i campi del web marketing, non accontentarsi, cambiando direzione non appena ci si rende conto che i risultati sono in calo, che la bolla è esplosa o comincia a conoscere qualche defezione. Ci vogliono tempo, pazienza, competenze specifiche, energie da dedicare: tutte cose da non sottovalutare quando si stabilisce la propria strategia, che dovrebbe prevedere il supporto di professionisti esterni qualora non si sia in grado di ottemperare a queste richieste internamente.

Coming soon:

Il blog di Seed torna la prossima settimana con un articolo dedicato al bias di autorità: chiariremo alcuni degli aspetti anticipati in questo articolo, aiutandoti ad aggiungere ancora un nuovo pezzo alla tua strategia di vendita e brand awareness.

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