Migliorare le conversioni con l’A/B testing
Migliorare le conversioni con l’A/B testing
Cosa troverai in questo articolo. Le conversioni di una pagina web possono essere migliorate “ascoltando” attentamente il proprio target di utenti. Attraverso una serie di strumenti, è infatti possibile comprendere quali siano gli elementi testuali e multimediali presenti su una pagina che possano essere riorganizzati, sostituiti o eliminati per rendere più agevole l’interazione dell’utente con la pagina, accorciando di conseguenza il funnel di conversione. L’A/B Testing permette di testare l’efficacia di due diverse varianti di pagina per poi scegliere quella più performante: è preceduto da una lunga fase di ricerca e prevede capacità tecniche e di analisi del dato sintetizzate dalla figura dello/a specialista CRO.
Indice
Layout, copy, interlinking ed esperienza su dispositivi mobile sono tutti fattori che influenzano l’efficacia di una pagina web nel rispondere alle necessità di un utente, impattando di conseguenza sulle conversioni. Scegliere la versione più efficace di una stessa pagina web non è questione di gusto o istinto, ma dipende da un’attenta attività di ricerca che sfocia poi nel cosiddetto A/B Testing e nell’analisi dei dati raccolti attraverso di esso. Ve ne parliamo meglio in questo articolo.
Che cosa significa fare A/B Testing
Le due lettere in questa espressione simboleggiano le due versioni alternative di una pagina web fra le quali si desideri capire quale sia la più efficace in termini di conversioni, di UX e così via. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare sulla base di questa semplice definizione, il percorso che porta alla selezione delle due versioni fra cui andrà effettuata la scelta non è né rapido né istintivo.
Stiamo parlando, con l’A/B Testing, di una delle attività CRO con il più alto grado di affidabilità del dato.
Come si arriva all’A/B Testing
Immaginiamo di voler comprendere quale sia, per l’utente medio del nostro sito, la disposizione ottimale dei blocchi di testo, degli elementi multimediali e dei collegamenti ipertestuali all’interno di una data landing page. Tra gli elementi che ci interessa analizzare figureranno ad esempio:
- I percorsi di navigazione seguiti dall’utente utilizzando la struttura di interlinking già esistente;
- I punti della pagina su cui la sua attenzione si focalizzi più insistentemente, e quelli che invece non sembrino essere nemmeno sfiorati dai suoi occhi;
- Gli elementi, testuali e non, che costituiscano un blocco per l’utente – informazioni poco chiare, troppo complesse, oppure omesse, che si trasformano in abbandoni di pagina e altri comportamenti che rosicchiano via conversioni al sito.
I dati possono essere accumulati tramite strategie e strumenti differenti: un esempio sono le heatmap, che permettono di valutare i punti “caldi” dell’interazione degli utenti con una pagina.
Strumenti come Google Analytics consentono invece di seguire gli utenti nei loro percorsi di conversione, dandoci l’opportunità di individuare eventuali blocchi e inciampi; infine, strumenti di valutazione qualitativa come i sondaggi, il customer service e semplici esperimenti di user testing (con cui si sottopone una pagina web alla prova pratica sottoponendola a utenti realistici – escludendo quindi, per iniziare, chiunque faccia parte del team tecnico del progetto) possono fornire ulteriori informazioni in risposta ai quesiti citati sopra.
Quali sono i fattori che influenzano l’A/B Testing
Com’è facile intuire, prima di poter procedere con l’elaborazione delle due versioni della pagina da testare servirà una grande mole di evidenze, provenienti dalle fonti che abbiamo menzionato e altre ancora.
La fase di A/B Testing vero e proprio è dunque preceduta da una lunga fase di ricerca, resa particolarmente complessa dalle cookie policy che impattano sulla quantità di dati raccolti. Esiste comunque la possibilità di ricorrere a strumenti basati sull’Intelligenza Artificiale per prevedere, con una buona approssimazione, l’andamento futuro laddove non sia possibile raccogliere una mole sufficiente di dati.
Una volta che saremo in possesso dei dati necessari, però, e avremo costruito le nostre due versioni avversarie di una stessa pagina web, potremo ufficialmente dare il via al nostro A/B Testing.
La durata di un ciclo di A/B Testing non può essere determinata a priori, perché dipenderà da una varietà di fattori che sono intrinsechi a ogni progetto: come nella fase di ricerca, anche nella fase di sperimentazione vera e propria è importante ottenere una buona mole di dati, pertanto la durata del ciclo stesso dipenderà dalle performance individuali del sito in termini di numero di utenti per giorno, numero di conversioni del sito e così via.
I cicli, però, per permettere un grado ottimale di comparabilità del dato, dovranno sempre essere uniformi per durata.
Come interpretare i dati
Una volta raccolti i dati necessari, si potrà procedere alla loro analisi e interpretazione. Un possibile approccio è quello Bayesiano, secondo il quale la probabilità esprime il grado di credibilità di un evento, quest’ultimo basato sulla conoscenza pregressa dell’analista riguardo a tale evento (ad es. i risultati di esperimenti analoghi precedenti, oppure le convinzioni personali su un evento). Questo metodo differisce da altri modelli statistici, come l’interpretazione frequentista dei dati che vede la probabilità come il limite di frequenza relativa di un evento dopo molte prove.
Un esperto CRO saprà selezionare l’approccio più adeguato alla gestione dello specifico progetto e utilizzare gli strumenti più adeguati alla formulazione di una valutazione finale dell’esperimento. Quest’ultima potrebbe risolversi anche nell’avvio di un nuovo ciclo di A/B Testing, con le stesse varianti oppure nuove varianti qualora le previsioni ottenute dal primo esperimento non abbiano dato riscontro positivo.
Coming soon:
Il blog di Seed torna la prossima settimana con un articolo in cui ci dedicheremo al tema caldo del momento: parleremo di OpenAI e di quali sono le sue prospettive future. Tornate a leggerci!