Relazione sulla ricerca sull’adozione dell’Intelligenza Artificiale in Italia
L’intelligenza artificiale sta trasformando rapidamente il mondo del lavoro, introducendo nuove modalità operative e strumenti di supporto per una vasta gamma di attività. Nonostante l’entusiasmo e l’interesse generalizzato, esistono ancora significative barriere e preoccupazioni legate all’adozione e all’uso dell’AI.
In questo contesto, Seed Digital, agenzia di consulenza specializzata in SEO, CRO e Web Analytics, ha condotto uno studio per analizzare l’adozione dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro in Italia.
Lo studio, ideato da Pasquale Gangemi ed Emanuele Urbani, rispettivamente CEO e Head of Strategy di Seed, mira a comprendere l’adozione dell’Intelligenza Artificiale da diverse prospettive.
L’indagine svolta da Seed
“L’indagine, basata sui dati raccolti tramite un questionario sottoposto a 490 rispondenti, si è concentrata su vari aspetti, tra cui l’uso degli strumenti di AI, la fiducia negli output generati e le aspettative future – commenta Pasquale Gangemi, CEO & Co-Founder di Seed, che continua – i risultati offrono uno spaccato prezioso dell’interazione attuale tra l’AI e il mondo del lavoro, fornendo spunti utili per affrontare le sfide e ottimizzare le opportunità di questa rivoluzione tecnologica”
“Esaminando i risultati della ricerca, sono emersi diversi dati interessanti sull’uso e la percezione dell’Intelligenza Artificiale – osserva Emanuele Urbani, Head of Strategy di Seed – Nonostante la presenza dell’AI nei processi lavorativi stia diventando sempre più importante, è interessante notare che persiste una sfiducia significativa verso gli output generati da questi strumenti. L’importanza di continuare ad esplorare e comprendere al meglio l’integrazione dell’AI nel mondo del lavoro sarà un fattore strategico per il futuro di molte aziende”.
Panoramica del campione di ricerca
Il campione, raccolto nell’arco di 14 giorni, è stato composto da 490 partecipanti distribuiti geograficamente nel seguente modo:
- Nord, 47,8% dei rispondenti
- Centro, 29,1% dei rispondenti
- Sud, 23,2% dei rispondenti
Il campione è stato ulteriormente suddiviso per generazione: Baby Boomers, Generazione X, Millennials e Generazione Z sono i cluster generazionali dei rispondenti.
I risultati mostrano che una significativa percentuale di rispondenti lavora nel settore digitale: 84,6% nel Nord, 66,2% nel Centro, e 80,7% nel Sud. La maggior parte degli intervistati appartiene alla Generazione X e ai Millennials.
Tipologia di lavoro e settori di attività
Tra i partecipanti, il 55,21% opera come libero professionista. Le aziende rappresentano il 22,4% del campione, mentre le agenzie il 17,71%. Il restante 4,68% rientra in altre categorie.
I rispondenti sono attivi in una varietà di settori all’interno del mondo digitale. Di seguito è riportata la ripartizione percentuale delle attività:
- Marketing e Comunicazione: 22,97%
- SEO: 17,28%
- Creazione di Contenuti: 12,80%
- Social Media: 9,76%
- E-commerce: 7,52%
- Sviluppo (software, app, siti web): 6,71%
- Pubblicità Online: 6,10%
- Analisi dei Dati: 5,28%
- Design: 4,67%
- Ottimizzazione del Tasso di Conversione (CRO): 2,64%
Questa prima sezione della relazione di Seed fornisce una panoramica generale del campione, da cui si possono ricavare i primi insight:
Tipologia di Lavoro: La predominanza di liberi professionisti tra i rispondenti evidenzia la flessibilità e l’autonomia che il settore digitale può offrire. La presenza significativa di rispondenti che lavorano in aziende o agenzie dimostra invece la crescente importanza delle competenze digitali e dell’IA nel contesto aziendale tradizionale.
Settore di Attività: Le attività più rappresentate nel campione sono il marketing e la comunicazione, la SEO e la creazione di contenuti. Questo potrebbe indicare un particolare interesse e una forte adozione delle tecnologie digitali e dell’IA in questi settori. Inoltre, settori come l’e-commerce, lo sviluppo di software, la pubblicità online, l’analisi dei dati e il design, seppure con percentuali minori, rivelano l’ampia diffusione e l’applicazione dell’IA nel panorama digitale italiano.
Generazione: La maggior parte dei rispondenti appartiene alla Generazione X e ai Millennials, che sono cresciuti durante l’esplosione della tecnologia digitale e dell’IA. Questo suggerisce un’alta familiarità con le tecnologie digitali e l’IA tra questi gruppi demografici, che potrebbe portare a un’adozione più ampia e un utilizzo innovativo dell’IA nelle loro professioni.
Le sezioni successive della ricerca di Seed si concentreranno sull’analisi dell’adozione dell’IA all’interno di questi vari settori e categorie professionali.
L’impatto dell’AI nel mondo del lavoro
L’Intelligenza Artificiale sta trasformando il mondo del lavoro, come dimostrano i risultati del recente sondaggio condotto da Seed.
Quando Seed ha chiesto “Utilizzi strumenti di intelligenza artificiale durante la tua giornata lavorativa?” è emerso che il 22% dei rispondenti non ha mai utilizzato strumenti di AI per svolgere o supportare i loro compiti lavorativi. Ma dall’altro lato della medaglia, la Gen X e la Gen Z sono risultate essere le generazioni che maggiormente utilizzano l’AI, con rispettivamente l’81,2% e l’80% che la usano nel loro lavoro. Seguono i Millennials con il 76% e i Baby Boomers con il 73,9%.
È interessante notare che chi utilizza maggiormente l’AI ritiene che questa tecnologia migliori l’efficienza lavorativa, con la Gen X che guida il gruppo in questo pensiero. Meno del 25% ha un’opinione negativa sull’impatto dell’AI sul lavoro.
Le sezioni successive della ricerca di Seed si concentreranno sull’analisi dell’adozione dell’IA all’interno di questi vari settori e categorie professionali.
L’impatto dell’AI nel mondo del lavoro
L’Intelligenza Artificiale sta trasformando il mondo del lavoro, come dimostrano i risultati del recente sondaggio condotto da Seed.
Quando Seed ha chiesto “Utilizzi strumenti di intelligenza artificiale durante la tua giornata lavorativa?” è emerso che il 22% dei rispondenti non ha mai utilizzato strumenti di AI per svolgere o supportare i loro compiti lavorativi. Ma dall’altro lato della medaglia, la Gen X e la Gen Z sono risultate essere le generazioni che maggiormente utilizzano l’AI, con rispettivamente l’81,2% e l’80% che la usano nel loro lavoro. Seguono i Millennials con il 76% e i Baby Boomers con il 73,9%.
È interessante notare che chi utilizza maggiormente l’AI ritiene che questa tecnologia migliori l’efficienza lavorativa, con la Gen X che guida il gruppo in questo pensiero. Meno del 25% ha un’opinione negativa sull’impatto dell’AI sul lavoro.
Anche il titolo di studio sembra avere un ruolo in queste percezioni. Il 90% dei rispondenti senza titolo di studio afferma di utilizzare l’AI durante la loro giornata lavorativa. Questa percentuale rimane alta, oltre il 75%, indipendentemente dal titolo di studio. Tuttavia, coloro con un percorso di studi universitario tendono ad essere più cauti nell’affermare che l’AI ha migliorato la loro efficienza lavorativa. In contrasto, chi ha conseguito solo un diploma o non ha titoli di studio ritiene molto efficace l’uso dell’AI.
Sulla base dell’ambiente di lavoro, l’uso dell’AI supera l’80% sia per i liberi professionisti (82,2%), che per le aziende (88,0%) e le agenzie (82,9%). Le aziende in particolare sembrano beneficiare maggiormente dell’AI per migliorare l’efficienza nei loro compiti.
Infine, Seed ha esaminato quali attività vengono svolte con strumenti di AI. È stato scoperto che il 60% delle attività svolte con AI riguardano i contenuti testuali, seguite dalla generazione di immagini (14,06%), analisi dei dati (10,66%) e creazione di codice (9,75%).
Durante il sondaggio, Seed ha anche chiesto ai partecipanti di condividere quali strumenti di intelligenza artificiale utilizzano più frequentemente nel loro lavoro. Le risposte erano variegate, riflettendo la vasta gamma di strumenti di AI disponibili oggi e come vengono utilizzati in diversi settori e ruoli. Ecco alcuni degli strumenti più citati:
ChatGPT, Midjourney, OpenAI, Bard, Google Translate, Bing, Fliki, Canva, Excel, Grammarly, Stable Diffusion, Beautiful AI, Pictory, SEOZoom, DALL-E, Storywizard, Deepl, Claude, WriteSonic, T-lab, Contents.com, Microsoft designer, YouTube, AIVA, TOME, Notion, Envato, Genie, Halist, Tensorflow, Perplexity, Power BI, Smartphone, Poe, Deepdreamgenerator, Did AI, Figma, ChatSONIC, Stable diffusion, Access, Savage, Writerbuddy, Photoshop, Cat tools, Crayion, Copy.ai, Rush, Engage AI, Otter AI, Synthesia.io.
Questi strumenti spaziano da applicazioni per la generazione di testi e traduzioni, come ChatGPT e Google Translate, a strumenti per l’analisi dei dati come Excel e Power BI, fino ad arrivare a soluzioni per la creazione di immagini e il design come Canva e Beautiful AI. Sia gli strumenti più noti come Photoshop, sia i più innovativi come DALL-E, sono stati menzionati.
È evidente che l’AI stia diventando un elemento sempre più comune nell’ambiente di lavoro, fornendo strumenti per aumentare l’efficienza e migliorare i risultati.
La fiducia nell’Intelligenza Artificiale
L’affidabilità degli output dell’Intelligenza Artificiale rimane un aspetto cruciale da considerare. Secondo i dati raccolti da Seed, emerge che la fiducia varia in base al cluster generazionale, al livello di istruzione e all’ambiente lavorativo.
Dal punto di vista generazionale, risulta che gli utilizzatori con età superiore ai 42 anni tendono a fidarsi meno dei risultati prodotti dagli strumenti di AI, sebbene non sia presente una sfiducia generalizzata.
Considerando l’istruzione, è interessante notare come i rispondenti con una formazione universitaria tendano a essere meno fiduciosi nei confronti degli output generati dall’IA. La maggior parte delle risposte rientra nella media, ma è evidente una minore fiducia tra coloro che hanno svolto un percorso di studi superiore.
In termini di contesto lavorativo, la fiducia è relativamente bassa, in particolare nelle agenzie di consulenza. Indipendentemente dal tipo di task, sembra che sia ancora necessaria una revisione umana delle decisioni e delle analisi generate da strumenti di IA.
Per quanto riguarda la fiducia negli strumenti di AI in relazione ai task più frequenti, notiamo che pochi utenti esprimono massima fiducia in essi. Tuttavia, gli output visuali sembrano essere leggermente più accettati rispetto a quelli legati all’analisi dei dati.
In conclusione, nonostante l’Intelligenza Artificiale stia diventando un elemento sempre più comune nel nostro ambiente di lavoro, la fiducia in essa varia significativamente a seconda del contesto.
AI e futuro: percezione degli intervistati
La percezione dell’impatto futuro dell’Intelligenza Artificiale varia notevolmente a seconda della generazione, del livello di istruzione e del contesto lavorativo.
In termini generazionali, quasi il 10% dei Baby Boomers non è convinto che l’AI influenzerà significativamente il mondo del lavoro. Al contrario, la GenZ e la GenX prevedono il maggior impatto di questa tecnologia nel futuro, mostrando una forte consapevolezza dell’imminente evoluzione del panorama lavorativo.
Analizzando le risposte in base al livello di istruzione, coloro che non hanno intrapreso un percorso universitario percepiscono in modo più marcato l’impatto dell’AI sul futuro del lavoro. Questa percezione potrebbe essere attribuita alla consapevolezza che molti mestieri meno specializzati sono più a rischio di automazione.
Infine, dal punto di vista professionale, un significativo 88,5% dei lavoratori in agenzie concorda sul fatto che l’AI cambierà il mondo del lavoro. Tra i lavoratori delle aziende, il 60% condivide questa visione.
In conclusione, mentre la percezione dell’impatto dell’IA sul futuro del lavoro varia, è evidente una consapevolezza generale dell’importanza di questa tecnologia in crescita. L’adattamento a queste nuove realtà sarà fondamentale per il successo nel mercato del lavoro del futuro.
Sintesi e considerazioni principali
Le conclusioni principali emerse dall’indagine svolta da Seed sull’intelligenza artificiale evidenziano che, nonostante l’utilizzo dell’IA nel mondo del lavoro stia crescendo, c’è diffidenza tra gli utenti verso gli strumenti AI. Questa sfiducia può essere attribuita a una scarsa comprensione delle meccaniche che guidano gli output di queste tecnologie.
Sorprendentemente, il 22% dei partecipanti ha rivelato di non aver mai utilizzato strumenti di intelligenza artificiale per eseguire attività lavorative. Questo indica che, nonostante l’espansione dell’AI, esiste ancora una porzione significativa della forza lavoro che non ha avuto alcun contatto diretto con queste tecnologie.
Nonostante l’uso diffuso degli strumenti, è stata rilevata una bassa fiducia negli output generati da tali tecnologie. Questo suggerisce che vi è una necessità di ulteriore educazione e formazione per aumentare la comprensione e l’adozione di questi strumenti.
La creazione di contenuti testuali e le traduzioni sono risultate essere le attività più frequenti per cui viene utilizzata l’AI, evidenziando l’importanza di queste tecnologie nel facilitare la comunicazione e la creazione di contenuti.
L’indagine ha inoltre rivelato una conoscenza limitata degli strumenti di AI disponibili sul mercato, con 32 strumenti segnalati da partecipanti unici. Questo suggerisce un ampio spazio per l’educazione e la consapevolezza riguardo la varietà di strumenti disponibili.
Infine, il livello di istruzione sembra influenzare la percezione dell’AI: i laureati tendono ad avere meno fiducia negli output dell’AI e sono meno propensi a credere che l’AI avrà un impatto significativo sul futuro del lavoro. Questo potrebbe indicare una maggiore consapevolezza dei limiti e delle sfide poste dall’intelligenza artificiale.