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Seed Connections: intervista a Simone Manni

Tornano le nostre interviste ai protagonisti del digital italiano. 

Questa settimana “Connections” ospita Simone Manni, Esperto di Digital con un focus sul mondo finance.

Scopri il suo punto di vista su quanto sia importante scrivere prompt straordinari e saper usare davvero i dati.

Picture of Simone Manni
Simone Manni

Marketer digitale con oltre 10 anni di esperienza nell'acquisizione di clienti attraverso strategie data-driven, omnichannel e full-funnel. Comprovata esperienza nella creazione e nella guida di team, è in grado di lavorare su molti progetti contemporaneamente, dando priorità alle necessità aziendali. Curioso, proattivo e sempre desideroso di imparare qualcosa di nuovo!

Come ti immagini l’evoluzione del tuo settore da qui a 3 anni?

Il mondo del Finance è già fortemente influenzato dall’AI e questo trend non può che consolidarsi nei prossimi anni: è un ambito che ha la tendenza a conservare lo status quo, quando invece avrebbe una grandissima necessità di evolvere. E lo farà grazie alle tantissime startup / scaleup Fintech che stanno nascendo e crescendo in questi anni, anche grazie all’aiuto e all’utilizzo dell’AI. 

Se devo pensare ad ambiti di evoluzione, anzitutto mi viene in mente il tema dell’educazione finanziaria. L’Italia è uno dei Paesi più indietro al mondo su questo tema, e non è un’esagerazione, sono dati OCSE. Abbiamo le tecnologie e i mezzi per fare passi avanti e sono sicuro che l’AI possa dare un grandissimo contributo.  

Un altro ambito immagino sarà l’accesso alle informazioni rilevanti: bisogna rendere le piattaforme (home banking, broker, etc…) molto più custom sulle necessità e sulle abitudini degli utenti. 

C’è poi tutto il tema di controlli e frodi, molto sensibile e molto costoso in questo settore. Oppure l’ottimizzazione dei controlli compliance su prodotti e materiali di comunicazione che di solito sono processi molto lunghi e complessi. 

Da ultimo, ma molto più rilevante, mi viene in mente il tema del supporto al cliente: non solo chatbot migliori, ma si potrebbe immaginare una consulenza più olistica sulle necessità del singolo utente, per capire quali prodotti finanziari siano davvero utili per l’utente. 

Si potrebbe, però, parlare ore del tema etico e dei rischi che l’utilizzo dell’AI comporta. Come poter controllare, restando nell’esempio precedente, che la piattaforma stia davvero scegliendo il meglio per me? 

Non voglio andare fuori tema, ma è un elemento importante da tenere in considerazione e di cui si parla troppo poco secondo me“.

AI: solo una buzzword o la stai applicando davvero nella tua azienda?

“Nelle aziende lo studio sull’AI si muove in due direzioni: capire come aiutare l’attività giornaliera di tutti i dipendenti, e capire come poter migliorare il prodotto e l’esperienza utente. 

Quindi direi tutt’altro che buzzword! 

Nella mia quotidianità la uso molto per fare delle ricerche approfondite, recuperare dati e informazioni, ma anche per esplorare possibilità che magari non avevo considerato“.

Cosa consiglieresti ai giovani professionisti che stanno iniziando la propria carriera, qual è la competenza o l’approccio più utile oggi?

Parlando di AI sicuramente direi di non sottovalutare le capacità di scrittura e un approccio creativo alla realtà. Sembra un controsenso, ma saper scrivere, descrivere e, soprattutto, trasformare pensieri in parole è la chiave per creare prompt straordinari. Per ora la maggior parte delle piattaforme AI lavora con input testuali ed è proprio la qualità dei prompt, ossia degli input, che, a parità di piattaforma, sarà un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. 

Per approccio creativo intendo la capacità di “vedere qualcosa” che ora non esiste. E non sto parlando di qualità geniali: si può essere creativi anche nell’elaborazione di un file excel. La chiave è sapersi immaginare con quanti più dettagli possibili un determinato output. L’AI ora mette a disposizione gli strumenti per realizzare tutto questo 

Parlando di marketing e digital marketing, ci sono due elementi che nel mio percorso hanno fatto la differenza. Il primo è la dimestichezza con l’analisi… e con excel! Troppo spesso ho incontrato persone che si illudono che il marketing sia soprattutto fancy. Il marketing è all’80% analisi di dati, numeri, scenari e contesto. 

Saper leggere le situazioni è fondamentale. Ormai tutti i marketer devono saper prendere scelte data-driven, cioè scelte supportate da dati ed evidenze oggettive. Tutta la parte fancy del marketing (una bella pubblicità, i social, gli eventi, etc…) sono “solo” espressioni ultime di montagne di informazioni, che poi si traducono in bellissimi elementi visivi. Ricordatevi che dietro uno spot di 30” ci sono almeno 6 mesi di analisi 🙂 

Il secondo sono le basi tecniche. Soprattutto sul digital, quello che avete imparato durante il vostro percorso scolastico, molto spesso è già passato. Il digital si muove troppo velocemente per essere cristallizzato in dei corsi formativi. Per questo è fondamentale non smettere mai di informarsi, studiare e formarsi. Capite quali sono le basi tecniche del percorso professionale che avete scelto e svisceratele fino a farle vostre al 101%. Senza un’eccellenza su queste, è difficile raggiungere obiettivi ambiziosi.  

Restate aggiornati sulle nuove tecnologie e, soprattutto, vedete cosa fanno “gli altri” (aziende, agenzie, etc…). Tenete gli occhi aperti su quello che vi piace e arricchite ogni giorno la vostra creatività. Il mondo è pieno di possibilità e di cose nuove che si possono fare: magari guardando una cosa bella fatta da altri, vi verrà in mente quello che serve al vostro cliente / azienda. 

Sommando questa creatività ad un pizzico di follia e a un po’ di fortuna, potreste avere l’opportunità di proporre qualcosa di mai fatto prima. E questo sarà il valore aggiunto che darete ai vostri interlocutori o datori di lavoro: loro cercano solo questo. Attenzione però: vi bocceranno le idee 9 volte su 10 probabilmente. Ma non mollate, è tutta esperienza che vi mettete nello zaino e che vi permetterà di arrivare alla 10° idea… quella giusta.   

Mi prendo ancora un momento per parlare di un aspetto che secondo me fa tutta la differenza quando si inizia a lavorare: l’approccio al lavoro. Intendo la modalità con cui ci poniamo di fronte alle cose che dobbiamo fare. In questi anni ho visto e accompagnato molti giovani e il consiglio che ho sempre dato è: lanciatevi. Non abbiate mai paura di sbagliare: tutti si aspettano che lo farete ai vostri primi impieghi. Il vostro obiettivo in questa fase è rubare quante più conoscenze possibili dalle persone che avete attorno. Chiedete di poter aiutare, che vi vengano affidati dei compiti. Abbiate fame di dimostrare il vostro valore. Chiedete feedback ricorrenti ai vostri manager per capire cosa state facendo bene e su cosa invece dovete migliorarvi“.

Qual è il maggiore successo che ritieni di avere conseguito nella tua vita (professionale o anche personale, se preferisci)?

Pensando al mio percorso professionale, uno dei più grandi successi che porto nel cuore è stata senza dubbio la possibilità di contribuire al percorso di maturità digitale di Fineco: è stato un viaggio incredibile dove abbiamo condensato in pochi anni dei traguardi che per altre realtà del settore sarebbero impensabili.  

Con la fiducia e il supporto di un management coraggioso, insieme a un team di collaboratori straordinari, abbiamo messo in discussione lo status quo e abbiamo davvero cambiato le cose. Da tanti punti di vista – strategico, tecnologico e di comunicazione – abbiamo avuto la possibilità di metterci in gioco e cambiare modo di fare le cose, con l’obiettivo sfidante di portare risultati migliori, in una banca che già stava andando molto bene.  

La conferma più bella è arrivata da tanti collaboratori esterni che ci hanno accompagnato in quegli anni e che ci hanno confermato l’entusiasmo dello spingersi in zone ancora inesplorate“.

Momento Tips&Tricks: in ambito digital… dicci qualcosa che non sappiamo!

Il Modello di Attribuzione è una cagata pazzesca! (semicit.) 
 
Ovviamente la semicitazione del ragionier Fantozzi è una provocazione clickbait, però c’è un fondo di verità. È necessario un disclaimer prima di approfondire: come dicevo sono un grandissimo supporter dei numeri e dei dati e sono abituato a prendere decisioni basandomi su di essi.

Dall’altra parte, però, va fatta una tara di quello che i numeri possono e non possono dire e fare. Tutti i marketer, soprattutto quando si parla di performance, si scervellano per identificare il Path to conversion che massimizza il ROI. Obiettivo giusto e un corretto impianto di tracciamento è fondamentale. Ma dall’altra parte in questi anni, fino ad ora, non ho ancora trovato un modello di attribuzione che basti a descrivere con successo ed in modo olistico la complessità di un acquisto. 


I risultati strutturalmente positivi li ho sperimentati quando ho mixato i dati con l’osservazione della realtà, con il dialogo con i clienti e i prospect. Raccogliere dati. Non c’è una sorgente informativa che possa essere l’oracolo di cosa porterà indiscutibilmente risultati positivi. È un puzzle di tanti elementi da mettere insieme e che non sarà mai statico perché gli stessi bisogni dei nostri cluster cambiano nel tempo. 
 
Insomma: anche nel digital serve più osservazione della realtà offline“.

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