SEO semantica: come funziona
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Ottimizzazione semantica e motori di ricerca conversazionali

Cosa troverai in questo articolo. La SEO semantica è un approccio che mira a ottimizzare i contenuti per i motori di ricerca basandosi sul significato delle parole chiave e su tutte le sinonimie e i concetti collaterali che ad esse possono essere collegati. Rispetto alla SEO tradizionale, ossia precedente all’introduzione del machine learning negli algoritmi dei motori di ricerca, la SEO semantica supera definitivamente il rapporto 1:1 fra pagina web e keyword target e si fonda sulla creazione di contenuti ricchi e approfonditi che allargano la prospettiva molto al di là della “parola chiave principale”. Fra le strategie specifiche di cui si serve la SEO semantica o LSI, il content refreshing, il quale ha lo scopo di ottimizzare contenuti già esistenti e allinearli agli intenti di ricerca degli utenti, e l’uso di markup strutturati sono le più importanti per migliorare il posizionamento. Il focus rimane comunque sull’utilità e sulla pertinenza dei contenuti per gli utenti.

SEO semantica: come funziona

Che cosa ha cambiato l’intelligenza artificiale nel modo in cui i contenuti vengono selezionati dall’algoritmo del motore di ricerca per essere serviti agli utenti? E quali sono le implicazioni per chi si occupa della creazione dei contenuti? In questo articolo affrontiamo il concetto di SEO semantica e di come approcciarsi alla progettazione e scrittura di contenuti per motori di ricerca basati sul machine learning.

Che cos’è la SEO semantica?

Capire cosa significhi “SEO semantica” semplicemente dal suo nome potrebbe risultare poco intuitivo: la semantica è, infatti, lo studio del significato delle parole, ma non è forse sul significato delle parole e la loro rispondenza a un intento di ricerca che si fonda da sempre l’intera branca della SEO? Quali differenze ci sono fra SEO tradizionale e SEO semantica?

Agli albori di questa disciplina era possibile posizionarsi su un motore di ricerca creando pagine distinte e specifiche per ogni singola parola chiave, ma sappiamo bene che le cose non funzionano più così ormai da molto tempo, anzi: si sono spostate in una direzione completamente opposta. La SEO di questo secondo decennio del XXI secolo mira infatti sempre più a creare contenuti approfonditi, ricchi, originali in grado di condensare la totalità di un argomento, con tutte le sue diramazioni, e analizzarla nel modo più esauriente possibile.

I contenuti creati secondo questo principio vengono serviti agli utenti da un algoritmo molto diverso da quello che operava dietro alle SERP del passato. La differenza è data dall’impiego dell’intelligenza artificiale e dei modelli di analisi del linguaggio naturali, capaci di interpretare le chiavi di ricerca e individuare, all’interno di grandi moli di dati, tendenze e schemi di ricerca comuni in base ai quali fornire i risultati più rilevanti possibili.

La SEO semantica – concetto noto anche come Latent Semantic Indexing, teorizzato in realtà molto prima che l’intelligenza artificiale entrasse a far parte delle nostre vite di utenti web – si occupa per l’appunto di “lubrificare” questi meccanismi stabilendo una salda connessione fra l’intento dell’utente e una serie di concetti ad esso sottesi. Vedremo nel paragrafo dedicato alla keyword research semantica quali sono i modi operandi di questa SEO 2.0.

Perché è così importante per i motori di ricerca conversazionali?

Una componente imprescindibile del funzionamento dei motori di ricerca di ultima generazione è l’intelligenza artificiale. Per quanto riguarda Google, da Hummingbird in poi il machine learning è stato progressivamente integrato nell’algoritmo in modo da fornire agli utenti risultati estremamente rilevanti e privilegiare la qualità rispetto alla presenza e alla densità delle parole chiave.

Di conseguenza, nel panorama attuale dei motori di ricerca, fortemente plasmato dall’AI, lavorare sui propri contenuti in un’ottica semantica è essenziale per evitare di creare contenuti che l’algoritmo considererebbe “spammosi”, ma soprattutto per riuscire a scalare la SERP grazie all’indispensabile aiuto di contenuti approfonditi, accurati e realmente rilevanti per gli utenti.

Keyword research semantica

Keyword research semantica: come farla?

Sebbene le parole chiave risultino ancora centrali per la SEO, non lo sono nel senso “storico” del termine. Ciò significa che nel momento in cui si elabora una keyword research, ancora il punto di partenza imprescindibile per qualunque attività di onsite optimization, non è più possibile limitarsi a isolare un gruppo di parole chiave accomunate dallo stesso seme ma è necessario estendere il campo di ricerca al molto più ampio bacino di termini sinonimici accomunati dagli stessi intenti di ricerca.

Facciamo un esempio: se per il nostro progetto SEO stiamo scrivendo un contenuto che riguardi la scelta di scarpe da running (dove “scarpe da running” potrebbe essere proprio la nostra target keyword nel senso tradizionale del termine), oltre a inserire nel testo tutto il gruppo di parole chiave che condivide questo seme dovremo prevedere anche l’impiego di keyword correlate e rilevanti, ad esempio tutto ciò che concerne:

      • ammortizzazione delle scarpe da corsa;

      • aerodinamica corretta per la corsa;

      • abbigliamento consigliato per la corsa;

      • consigli di nutrizione e alimentazione;

      • riscaldamento e stretching post-corsa;

      • piani di allenamento per 10 km, mezze maratone e maratone.

    È chiaro che qui la nostra prospettiva si estende molto al di là della scarpa in sé, della sua scelta per un singolo acquisto. Questo allargamento di orizzonte va per l’appunto a includere concetti rilevanti per chi a che fare con l’acquisto di una scarpa da running, allo scopo di informare e fidelizzare l’utente. Al contempo si rafforzanole informazioni contestuali necessarie a Google per comprendere, indicizzare e dare visibilità al contenuto.

    Per individuare le cosiddette keyword semantiche è possibile ricorrere a diversi metodi: l’autocomplete della barra di ricerca di Google è, ad esempio,  uno strumento utilissimo, così come lo sono le ricerche correlate che si trovano in fondo alla SERP e il contenuto del blocco People Also Ask del motore di ricerca, che possono suggerire sia termini alternativi alle keyword target sia concetti ad esse prossimi.

    Inoltre, in SERP si trovano spesso porzioni di testo in grassetto in corrispondenza di termini correlati alla propria ricerca: anche questi possono aiutare a orientare la keyword research semantica. Infine, potete analizzare le ricerche di tendenza e i concetti ad esse correlati per individuare nuove parole chiave attraverso Google Trends, utile soprattutto per isolare code lunghe fondamentali per la SEO semantica.

    Tra gli strumenti più utili che si possono utilizzare oltre a Google Trends c’è sicuramente Ubersuggest, il cui scopo principale è per l’appunto quello di permettervi di individuare keyword semantiche. A seconda della parola chiave inserita nel tool, verranno restituiti termini correlati più o meno brevi e più o meno generici che potranno informare la vostra strategia SEO in modalità diversa a seconda della loro natura.

    In altre parole, è essenziale conoscere l’intento di ricerca – informazionale, commerciale, navigazionale, transazionale – sotteso a una parola chiave, innanzitutto per essere certi che corrisponda all’intento con cui è stata creata la pagina web, altrimenti nessun utente rimarrà su quella pagina né tantomeno convertirà, e poi per andare a individuare i termini correlati che condividano quello stesso intento.

    Altre buone pratiche per la SEO semantica

    Fin qui ci siamo focalizzati sulla creazione di nuovi contenuti in ottica semantica, ma cosa fare invece dei vecchi contenuti e, soprattutto, quali altre strategie è possibile impiegare per posizionare pagine vecchie e nuove? Innanzitutto vogliamo chiarire che ciò che abbiamo descritto nei paragrafi precedenti è da intendersi come una strategia valida, sì, per i contenuti di nuova produzione, ma da applicarsi anche ai contenuti passati: il content refreshing è infatti fondamentale per allineare tutti i testi presenti sul proprio sito agli intenti di ricerca del momento e renderli dunque competitivi in SERP.

    Quella del content refreshing è, anzi, la primissima tecnica di ottimizzazione da mettere in pratica, perché può fornire ottimi risultati a fronte di un impegno limitato rispetto alla creazione di contenuti nuovi, oltre al fatto che scongiura il rischio di una ultraproduzione di contenuti che si cannibalizzerebbero posizioni in SERP a vicenda.

    Fate però ovviamente attenzione a non rimuovere, presi dalla foga di pulizia,  parole chiave per le quali i vostri contenuti sono ben posizionati. Incorporate invece variazioni di quelle keyword per estendere il bacino di possibilità per le quali il contenuto può comparire nei risultati di ricerca, evitando il keyword stuffing e le forzature concettuali. Di nuovo, in caso di incertezze, strumenti come Ubersuggest vi permetteranno di capire meglio la direzione da imprimere alla vostra attività. La keyword da cui siete partiti nell’elaborazione originale del contenuto può e deve rimanere il vostro punto fermo: dovete solo allargare lo sguardo.

    Il criterio-guida principale dovrebbe comunque essere quello dell’argomento rispetto alla singola keyword, dunque l’elaborazione di contenuti che raccolgano intenti di ricerca più ampi, laterali, garantendo una copertura totale e accurata di suddetto argomento. Ribadiamo, comunque, l’imperativo di mantenere un focus sull’utilità del contenuto: ogni porzione di testo deve avere una giustificazione reale, non essere lì solo per “fare massa”, e tale giustificazione deve essere chiara prima di scrivere, non inventata a posteriori; diversamente state solo ingannando voi stessi e i vostri utenti.

    Inoltre è importante rimanere comunque concentrati su quello che dovrebbe essere il topic principale, evitando di perdere completamente la bussola del discorso infognandosi nei vicoli laterali. Ecco dunque come procedere:

        1. Identificare un argomento principale da esplorare;

        1. Individuare i sottoargomenti o ricerche correlate;

        1. Creare una mappa tematica/scaletta dell’argomento.

      Per aiutare il vostro contenuto a posizionarsi meglio, poi, è fondamentale ricorrere anche a strategie di posizionamento collaterali rispetto alla scrittura SEO-oriented, come l’uso di dati strutturati che aumentino la leggibilità, rilevanza e, dunque, visibilità dei contenuti per l’algoritmo del motore di ricerca. I markup possono essere impiegati in una discreta varietà di collocazioni all’interno di un sito web, fra cui gli articoli di blog, le FAQ o le guide/tutorial, e per essere utilizzati non necessitano obbligatoriamente di competenze di programmazione: molti CMS permettono di inserirli in maniera semplificata attraverso plugin specifici e Google mette a disposizione uno strumento di testing per verificarne la corretta funzionalità.

      Riassumendo: le domande più comuni SEO semantica e motori di ricerca conversazionali

      Concludiamo questo approfondimento con una serie di FAQ su SEO semantica e motori di ricerca conversazionali. Se non trovate risposta alla vostra domanda, scriveteci: saremo felici di chiarire tutti i vostri dubbi e arricchire ulteriormente questo contenuto grazie alle vostre segnalazioni.

      Come funzionano i motori di ricerca conversazionali rispetto ai tradizionali?

      I motori di ricerca conversazionali sono capaci di comprendere il linguaggio naturale e rispondere a domande complesse con risposte dirette, mentre quelli tradizionali restituiscono semplici elenchi di risultati basati su parole chiave.

      L’IA analizza il comportamento degli utenti, suggerisce contenuti, ottimizza la semantica e migliora l’esperienza utente con strumenti come il machine learning.

      Le keyword tradizionali sono specifiche e isolate, mentre quelle semantiche considerano il contesto e i sinonimi, rispondendo a diversi intenti di ricerca.

      Si tratta di un eccessivo uso di parole chiave in un testo. Da un punto di vista SEO è una pratica da evitare perché peggiora la leggibilità e può penalizzare il ranking del sito nei motori di ricerca.

      I dati strutturati sono informazioni organizzate in un formato standard (ad esempio quello di schema.org) che aiuta i motori di ricerca a comprendere meglio i contenuti di una pagina. Si usano per migliorare la visibilità nei risultati di ricerca, consentendo la creazione di snippet arricchiti come recensioni, FAQ, ricette o eventi. Implementarli richiede l’uso di codice specifico (come JSON-LD) integrato nel sito, ma esistono plugin per CMS come WordPress che permettono di utilizzarli anche senza competenze di programmazione.

      È l’aggiornamento di contenuti esistenti per mantenerli rilevanti, migliorandone il valore e il posizionamento nei motori di ricerca.

      Dipende dal settore, ma in genere ogni 6-12 mesi o quando i dati e le informazioni presentati all’interno del contenuto diventano obsoleti.

      Il primo si riferisce soprattutto a ricerche effettuate sotto forma di domande, introdotte da parole come “Come”, “Quale/i”, “Perché”: chi le inserisce nel motore di ricerca vuole soprattutto trovare informazioni; di contro, un intento di ricerca commerciale mira a restringere il campo di indagine alle scelte migliori o capire l’opinione degli altri utenti su un dato prodotto o servizio (in questi termini di ricerca si trovano infatti spesso termini come “migliore”, “recensioni” o “comparativa”/”confronto”). L’intento navigazionale è invece quello di chi cerca sul motore di ricerca un brand o negozio specifico, mentre quello transazionale identifica le ricerche più prossime alla conversione, le quali contengono in genere parole come “acquisto”, “comprare” o “download”.

      Gli intenti di ricerca si identificano analizzando le parole chiave utilizzate dagli utenti e contestualizzandole con l’aiuto di strumenti SEO come Google Search Console, Google Analytics o piattaforme specializzate. Studiando le SERP per una determinata keyword, è possibile capire quale intento di ricerca prevale.

      La “cannibalizzazione delle keyword” si verifica quando più pagine dello stesso sito competono per la stessa parola chiave, causando una riduzione delle prestazioni nei risultati di ricerca. Per evitarla, è utile condensare contenuti simili in un’unica pagina, ottimizzare le parole chiave con maggiore precisione e pianificare una strategia chiara di contenuti.

      Google Trends aiuta a identificare le tendenze di ricerca nel tempo e a capire quali argomenti o parole chiave sono rilevanti in un dato periodo o area geografica. È utile per trovare sinonimi, variazioni semantiche o termini correlati che ampliano il campo di ricerca. Integrando i dati con altri strumenti SEO, si può creare una mappa semantica più completa.

      Coming soon:

      Il blog di Seed torna fra due settimane con un approfondimento sulle tendenze SEO del 2025 e sulle sfide che attendono chi si occupa di web marketing. Tornate a leggerci!

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